Diari

Lunedì 2 febbraio. Bologna. Discreto affollamento nella sala del consiglio della provincia (palazzo Malvezzi), sono le sette di sera non c’è niente da discutere. Parlano i suoni! Alle 19 si inaugura la mostra delle chitarre. Introduce l’assessora Lembi poi, Lorenzo Coriani, curatore della mostra spiega la storia e la formazione di alcuni pezzi importanti. Nelle teche le chitarre sono regine che fanno bella mostra di se tra gli stucchi di palazzo Malvezzi. Di sicuro quando le luci si saranno spente inizieranno a suonare.
Nella realtà quello che sento è il quintetto che si accorda prima di iniziare a suonare il quintetto di Luigi Boccherini (1743-1805) il  n.4 G 448 in re maggiore per quartetto d’archi e chitarra detto del Fandango. E’ suonato daAldo Bianchi, Vittoria Panato, violini; Franςoise Renard, viola; Alessandro Andriani, violoncello; Andrea Orsi, chitarra.

E’ detto il quintetto del fandango che in effetti è la parte più interessante. E’ come se ad un certo punto la chitarra uscisse dalla compostezza settecentesca fatta di educate rispostine e sostegni armonici, per dire: ecco qua come si fa! E il savor de España conquista tutti, anche, evidentemente,  il lucchese Boccherini che prima apre la sua composizione con una pastorale il cui tema cita Vivaldi e poi la conclude con questa danza popolare e indiavolata.

Ottima scelta per l’introduzione di un festival come In corde che si propone come una lettura trasversale e random della musica, che non riconosce distinzioni di generi, di epoche e di stili. Infatti il brano seguente è una sequenza di tre canzoni arrangiate per ensemble strumentale niente popodimenochè da Arnold Schönberg e i suoi allievi nell’estate del 1921 a Traunkirchen ( Lago Gmunden – Austria). Li eseguono Annamaria Giaquinta, clarinetto; Manuel Cester, fagotto; Aldo Bianchi, Vittoria Panato, violini; Franςoise Renard, viola; Alessandro Andriani, violoncello; Giulio Arnofi, chitarra; Olena Kurkina, mandolino.  Mohan Zhou, soprano intona Ständchen di Franz Schubert (1797-1828). Vengono appresso, in versione strumentale,  Weil I A Alter Drahrer Bin di Johann Sioly (1843-1911) e una schizofrenica Funiculì Funiculà, si proprio quella composta da Luigi Denza (1846-1922) per l’inaugurazione della funicolare di Napoli.

La conclusione è degna della serata che ha un unico difetto è troppo breve. I solisti del  Coro da camera Euridice diretti da Pier Paolo Scattolin, fanno faville nel proporre Sette poesie di Federico García Lorca da Romancero Gitano op.152 (1951) per coro misto e chitarra di  Mario Castelnuovo-Tedesco (1895-1968). Accompagnati alla chitarra da Walter Zanetti. Ancora una volta un savor de España per mano italiana.
Si esce un po’ eccitati dalla combinazione ritmica della parola lirica e ritmica, la voce che corre come vento mentre la chitarra segna il passo come un ballerino di flamenco.
Fuori, in corridoio tra i tutti i commenti,  rubo questo: “certo che ce n’è di bella musica che non si ascolta mai”!
Ilaria Mancino

Mercoledì 4 febbraio. Bologna. In corde terzo giorno. tempo di Properzia, questo concerto è un’ invenzione, è un film in costume da ascoltare. Mentre si accordano il liuto e la vinhuela immaginiamo l’arrivo di Carlo V a Bologna. Grande gorno per l’Università e per la città . L’imperatore ha scelto S. Petronio perché non è una chiesa pontificia ma appartiene al comune di Bologna e quindi si può considerare un campo neutro, i dottori Bolognesi lo hanno assicurato. La basilica non è ancora finita, ma che importa (in realtà non lo sarà mai più, la costruzione dell’archiginnasio metterà fine al sogno dei bolognesi di avere una basilica più grande di San Pietro e interamente del Comune). Properzia è una scultrice e una sclpellina, una delle pochissime donna a contratto nel grande cantiere di San Petronio. Purtroppo muore qualche mese prima dell’arrivo dell’imperatore. Un incontro mancato che ci fa sognare altri sviluppi della storia…
Intanto l’arrivo di Carlo V porta molte novità a Bologna, forse anche l’ispirazione del sistema campanario. Al seguito dell’imperatore c’è forse Luys de Narvaez. Nei palazzi nobili si suonano i suoi pezzi alla vihuela. Proprio come fa Andrea Orsi per nostro diletto nella sala della provincia (Palazzo Malvezzi) quando esegue proprio Cancion del Emperador di  Luys de Narvaez o tre pavane per vihuela di Luis de Milan
La serata è stata un viaggio nel tempo sullo sfondo del XVI secolo. I madrigalisti della Cappella di San Giacomo Maggiore (Valentina Domenicali, Giulia Capuzzo, Stefano Visinoni, Gastone Sarti),  accompagnati al liuto da Roberto Cascio e al flauto Nozomi Shimizu puntellano con canti ora seri, ora scherzosi.. ora licenziosi (strano effetto sentire battute a doppio senso in polifonia) gli altri interventi musicali antichi di cui ho detto e moderni. Il duo Giuseppe Megna, flauto e Francesca Meli, chitarra esegue un repertorio contemporaneo con brani di Chiara Benati (commossa e presente in sala) e Francesco Pennisi . Ancora un autrice femminilie Cristina Landuzzi descrive Points d’eau per la chitarra di Andrea Orsi. Il testo di  Giovanni Battista Cavalletto contro la disperazione ( Contra la disperata)  fa si che tutti si alzino dagli scranni del consiglio lieti e sollevati. “Ma che divertente” dice una signora che mi è seduta vicino “Peccato che duri così poco”. E’ vero ma il maestro Cardi è di Roma e ha letto sia Ovidio che Marziale….
Ilaria Mancino

Giovedì 5 febbraio. Carpi. Ore 21 nel meraviglioso Palazzo dei Pio, che ospita anche il museo civico di Carpi, si è tenuto un altro concerto della rassegna INCORDE 2009 dedicata alla chitarra.
Il repertorio era piuttosto vario presentando musiche di Carulli (1770-1841), Boccherini (1743-1805), Bedford (1937) e canti di Syoli e Denza arrangiati da Schonberg e i suoi allievi nel 1921.
A proposito di questa serata, posso raccontare qualcosa della mia esperienza nel suonare “Nurse’s Song with Elephants”(1971) di Bedford, un brano composto per dieci chitarre acustiche ma che abbiamo potuto eseguire solo con chitarre classiche.
Questo brano ha dato una possibilità di collaborazione tra gli allievi di W.Zanetti del conservatorio “G.B.Martini” di Bologna e i docenti, divenendo un vero e proprio laboratorio musicale sulla chitarra.
Gli allievi del conservatorio sono infatti stati guidati dal loro maestro e da un gruppo di giovani docenti, frequentatori tra il resto di un recente corso di metodologia e didattica tenuto appunto da Zanetti.
Un tipo di collaborazione questo, che rientra nello spirito di INCORDE, manifestazione che da tre anni ormai stimola in prima persona molti allievi e giovani esecutori, tra i conservatori e gli istituti musicali di Bologna, Ferrara, Carpi, Modena.
Ancora, la compresenza di musiche appartenenti a epoche diverse, nella stessa serata, rivela la versatilità della chitarra e la ricchezza di stimoli che offre al pubblico più vario.
La matrice del brano “Nurse’s Song with Elephants” è l avanguardia anni sessanta, lasciando molto spazio a influssi popolari e contaminazioni varie dal pop, passando per la classica, al jazz.
David Bedford infatti cominciò, negli anni sessanta, a scrivere musica che recuperava le tecniche dell’avanguardia minimalista di Cage ma che collaborava molto anche con musicisti pop-rock quali K.Ayers, M.Oldfield, R.Wyatt, rispettivamente tastierista, bassista, batterista e cantante dei “Soft Machines”.
“Nurse’s Song with Elephants” dunque, incontro di svariate esperienze musicali, rivela come la chitarra coinvolga vitalmente molteplici mondi musicali.
Linguaggio molto ricco, teso a creare climi sonori e rumoristici sulla base di una grande varietà di effetti.
Tali situazioni musicali ora contratte ora rilassate, si fondono l’un l’altra in un dialogo continuo tra le dieci chitarre, dissolvendosi poi in una canzone riconciliatrice che mette in musica la poesia di Blake, attorno alla quale ruota tutto il brano.
Caterina Barbieri